Contratti “pirata” danneggiano i lavoratori
Sono fuori dalla legalità i contratti “pirata”, quei contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dalla dubbia rappresentatività dei lavoratori, adottati dai datori di lavoro al solo fine di abbattere, impropriamente il costo del lavoro, in spregio ai diritti dei lavoratori. Contrattazione collettiva e regole deontologiche dei Consulenti del lavoro sono stati gli argomenti al centro dell’incontro organizzato il 28 marzo scorso dal Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Udine, in collaborazione con il sindacato ANCL e l’Associazione giovani, presso il Seminario arcivescovile di Udine. Con l’avv. Pasquale Staropoli, responsabile della Scuola di alta formazione della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro è stato affrontato il delicato tema della scelta del contratto collettivo da applicare al rapporto di lavoro, momento tanto fondamentale quanto complesso, alla luce di quello che è stato condiviso come “sistema imperfetto” che si apprezza nel nostro ordinamento, a causa della mancata attuazione di una norma, l’art. 39 della Costituzione, che avrebbe dovuto garantire certezza ad elementi fondamentali della contrattazione collettiva: la rappresentatività sindacale e l’efficacia dei contratti collettivi. Si è potuto verificare come, invece, tali fondamentali elementi siano frutto di elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, non senza significativa incertezza, che non agevola il lavoro dei Consulenti del lavoro, professionisti che, tuttavia, devono necessariamente operare tali decisioni fondamentali nell’interesse, innanzi tutto, dei lavoratori, ma anche delle aziende, affinchè l’organizzazione corrisponda a criteri di virtuosità e legalità. A questo proposito, nel corso dell’incontro, sono state analizzate in particolare le caratteristiche dei cosiddetti contratti “pirata”, contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dalla dubbia rappresentatività dei lavoratori, adottati al solo fine di abbattere, impropriamente il costo del lavoro, in spregio ai diritti dei lavoratori. È stato nettamente chiarito come tali fenomeni si collochino in un ambito di illegalità e debbano essere avversati su ogni fronte. Le nuove norme del Codice deontologico dei Consulenti del lavoro, invece, sono state puntualmente descritte da Stefano Sassara, Tesoriere del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. Il Codice regola l’attività ed il comportamento dei Consulenti del lavoro, non soltanto con riferimento allo svolgimento specifico degli adempimenti di natura professionale. Va tenuta, infatti, la dovuta attenzione a tutti quei momenti astrattamente “marginali”, come la condotta da porre in caso di successione nel mandato professionale, il contegno nei rapporti con enti e terzi, senza trascurare l’evidente necessità che l’adempimento professionale sia caratterizzato dalla competenza, buona fede e trasparenza, nell’interesse immediato della tutela del cliente e, più in generale, della preservazione della dignità e della reputazione della categoria dei Consulenti del lavoro. Uno specifico momento è stato dedicato ai rapporti con i media, ricomprendendo nella fattispecie anche l’attività sui cosiddetti “social”, tanto in voga, quanto troppo spesso “distratta”, laddove ci si dimentichi che una piattaforma non è un mondo (soltanto) virtuale, ma dichiarazioni, affermazioni, contegno, si riverberano pur sempre su fatti e persone reali e, come tali, devono garantire quei doveri di probità che sono imposti ai professionisti in qualunque contesto.